Una ricerca condotta negli Stati Uniti ha messo in luce un’apparentemente curiosa correlazione tra somiglianza padre-figlio alla nascita e salute dei bambini all’età di un anno.
I neonati che assomigliano al padre alla nascita hanno maggiori probabilità di trascorrere del tempo insieme al proprio genitore e di conseguenza ad essere più sani nel momento in cui raggiungono il primo anno di vita. A dirlo è una ricerca nata dalla collaborazione tra Binghamton University e Southern Illinois University.
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Alcuni bambini iniziano a parlare tardi, sostituendo i gesti e le espressioni alle parole. Un bambino che non parla può mettere in agitazione i genitori che aspettano con ansia di poter comunicare con il figlio tramite le parole. Spesso i problemi sono piccoli e i genitori possono intervenire con alcuni trucchi per insegnare ai bambini a parlare. Claudia Azzaro spiega alcuni giochi per insegnare a parlare nel libro Parlare…che fatica! Consigli semplici per aiutare i bambini a parlare bene.
Perché il bambino non parla?Claudia Azzaro è logopedista. Nel suo libro spiega come nasce il linguaggio nei bambini. Parlare è il risultato di uno sviluppo psicomotorio che riguarda anche gli organi coinvoltinella produzione e ricezioni di suoni: corde vocali, bocca, orecchio ma anche naso e polmoni che pompano aria. Alcuni bambini seguono percorsi diversi per arrivare al linguaggio, ma se la loro capacità di parlare ci preoccupa possiamo consultare il pediatra per verificare l’utilità di alcuni controlli:
Giochi per invogliare a parlareDa logopedista Claudia Azzaro spiega nel libro alcuni piccoli test che possiamo fare anche noi per individuare il livello di comprensione delle parole nel bambino, eventuali difficoltà di ascolto e ostacoli emotivi al linguaggio. Un libro non si può sostituire a uno specialista ma può sostenere il genitore che aiuta lo sviluppo del linguaggio nel proprio figlio. Tra tutti i giochi di linguaggio proposti dal libro ne riassumo solo alcuni, scegliendo quelli che sono adatti a situazioni in cui non sono stati diagnosticati problemi che interferiscono al linguaggio, ma solo giochi per invogliare a parlare. Insegnare una canzoneUno dei casi seguiti dall’autrice riguarda una bambina che ha superato il blocco del linguaggio imparando a cantare “Volare” con la sua mamma. Proporre canzoni a due vociConoscete la canzone per bambini “Nella vecchia fattoria?”. Possiamo considerarla una canzone a due voci in cui il bambino interagisce imitando i versi degli animali. Fare domande a scelta multiplaQuando chiedere al bambino di scegliere ad esempio cosa vuole mangiare, proponete una scelta di due o tre piatti in modo che per esprimere la sua preferenza sia costretto a pronunciare la parola corrispondente. Per cena vuoi il risotto o la pasta? Leggere insiemela relazione ha un ruolo importante nello sviluppo del linguaggio. Imparare le singole parole non è sufficiente, serve anche instaurare una relazione di dialogo con il genitore o con il nonno. Si tratta di incoraggiamento affettivo che offre occasioni spontanee di comunicazione quando si prova a leggere con il bambino un libro illustrato o un libro con le finestrelle. Coinvolgere il bambino nella lettura: perché l’orso piange? cosa fa la mamma? Consigli per incoraggiare a parlareChi ha provato a studiare una lingua straniera sa bene quanto sia complicato superare l’imbarazzo di provare a parlare con il rischio di fare errori. L’atteggiamento di chi ascolta ha una grande influenza sull’autostima dei bambini. Non correggereCi sarà più avanti il momento in cui verranno affinati i suoni, ma le prime frasi dei bambini devono poter essere spontanee e libere da correzioni. La Azzaro suggerisce di lasciarli sbagliare, purché si lancino nel linguaggio. Avere pazienzaCome in ogni processo di crescita dei bambini bisogna avere pazienza e convincersi che per aiutare i bambini a parlare serve una relazione di amore e fiducia. Cercare occasioni per stare da soliQuesto consiglio lo aggiungo io sulla base della mia esperienza di mamma con due figli vicini d’età e molto diversi tra loro. Se riuscissimo a guardarci da fuori, vederemmo quante occasioni di disturbo ci sono che possono ostacolare la conversazione: qualcuno in famiglia che parla molto di più, televisione sempre accesa, poche occasioni per avere una dialogo a due. Se trovate il tempo di fare voi il bagnetto a vostro figlio in tranquillità o di portare solo lui a fare una passeggiata, vedrete come sarà più fiducioso e proverà a parlarvi. Cinque sensi dello svezzamentoLa relazione tra madre e bambino comincia a svilupparsi già prima del parto e si forma tramite la percezione delle sensazioni all'interno della pancia della mamma. Prima della nascita, il bambino avrà modo di sviluppare già i cinque sensi fondamentali per la sopravvivenza; ad esempio il primo senso che si sviluppa all’interno dell’utero è il tatto, attraverso il contatto con la pancia della mamma. Con la nascita il bambino ha la possibilità di entrare in contatto con la madre sia fisicamente che con il “luogo materno”, cioè con la mente, le emozioni, il calore del corpo, la stretta dell’abbraccio, lo sguardo e le parole della mamma.
Il corpo della mamma diventa un punto di riferimento per il bambino attraverso l'abbraccio intimo e la stretta relazione di cura, che fornisce una buona relazione di “holding”. Attraverso questa relazione positiva, il bambino avrà la possibilità di nutrirsi non solo con il latte ma anche di un “cibo” particolare che nutre il cuore e lo fa sentire amato, desiderato e rassicurato. Come abbiamo anticipato, il primo contatto reale tra la madre e il bambino avviene con il parto e qui entra in gioco l’udito; infatti ciò che sente nell’immediato la neo-mamma è il pianto del neonato e lo percepisce come segno di vita, di salute e prima forma di comunicazione. Il bambino appena nato piange perchè la prima aria che respira è un’aria nuova, alla quale non è abituato, che gli provoca dolore e fastidio che può essere placato unicamente attraverso la stimolazione del senso del tatto; è infatti proprio grazie al contatto pelle–a–pelle con la mamma che il piccolo riesce a trovare tranquillità, contenimento e sicurezza, accolto nel suo abbraccio fonte di calore. In questo momento della vita, le cose più importanti nel rapporto madre figlio sono gli sguardi reciproci ricchi di stupore, curiosità e affetto. Inizialmente le espressioni che vengono identificate più facilmente dai bambini sono i sorrisi che proteggono e veicolano sentimenti positivi, permettendo al bambino di sentirsi a suo agio, di essere sereno e di provare sensazioni di benessere. A loro volta però i sorrisi dei bambini veicolano dei significati anche per la madre, che a sua volta sorride al piccolo, gli parla affettuosamente e lo culla. Lo sguardo reciproco madre-bambino è di fondamentale importanza per lo sviluppo del mondo interno del piccolo e per la costituzione della relazione d’attaccamento. Il neonato durante l’allattamento è in grado di percepire e riconoscere l’odore materno e, grazie allo sguardo e all’intimo contatto con la mamma, riesce a percepire il suo amore e la sua devozione anche durante il pasto. Si può assistere così ad un nutrimento speciale che va oltre il semplice bisogno della sete o della fame e che riguarda un desiderio che comprende tutti i sensi corporei dando una risposta al desiderio del bambino di essere desiderato e che va a “nutrire il cuore”. Il valore dell'allattamento nella relazione madre-bambinoLa dimensione sensoriale dello svezzamentoQuesto speciale nutrimento continua anche nella seconda fase della vita del bambino piccolo: la fase dello svezzamento. Il contatto tra i corpi della madre e del bambino, lo sguardo reciproco, gli odori, il tono della voce che nell’allattamento avevano una valenza, si modificano ed evolvono. Lo svezzamento è la prima tappa fondamentale dello sviluppo psicologico e della maturazione nella prima infanzia, tramite la progressione di piccole conquiste. Il cambiamento che avviene in questa fase riguarda la disponibilità, sia della madre che del bambino, ad operare una rinuncia e ad affrontare unaseparazione fisica e mentale, un'evoluzione che concerne i corpi di entrambi e la loro sfera affettiva. La separazione psicologica che il bambino deve affrontare tra i 4 e gli 8 mesi porta ad una consapevolezza di un proprio statuto differente e provoca curiosità, ma anche timori e paure. Anche per la madre lo svezzamento costituisce un passaggio denso di mutamenti, in quanto entrano in gioco sia la crescita e lo sviluppo del bambino sia il delinearsi di un'iniziale forma di autonomia dalla mamma e della mamma dal proprio bambino. Lo svezzamento è il processo che avvicina il bambino alla realtà; così, imparando a tollerare l’attesa e la frustrazione, realizza che la mamma è "altro da sé" e prende atto che la propria soddisfazione dipende dalla presenza di un altro, diverso da sé. La “madre buona”, quindi, non è il prolungamento del suo corpo ma “l’altro” da cui dipende la sua soddisfazione. Il compito della mamma sarà di fornire uno “spazio di esitazione” in cui il bambino troverà piena libertà e sarà incoraggiato ad evolvere e a trovare la sua autonomia e fiducia nel resto del mondo. Solamente a partire da questa fiducia di base il bambino potrà tollerare le frustrazioni e sopportare la distanza temporale tra la manifestazione dello stato di bisogno ed il momento della sua soddisfazione. Il passaggio dall'abbraccio materno dell'allattamento alla posizione frontale cambia il modo di alimentarsi del bambino, grazie anche all'offerta del cucchiaino, che diventa così più rituale e meno intimo e aiuta il bambino ad entrare nella convivialità dei pasti e a raggiungere una maggiore autonomia nei confronti della madre e nell'atto alimentare. Il cambiamento che avviene nella dimensione comunicativa, nei vocalizzi e negli sguardi che il bambino scambia con l'altro, arricchiscono e rendono più esplicito il dialogo tra chi offre e chi riceve. Sia la madre che il bambino quindi, come già sottolineato in precedenza, devono essere pronti a rinunciare al piacere fusionale dell'allattamento. I bambini riescono ad affrontare serenamente lo svezzamento quando non sono costretti ad attuare un distacco drastico dalla madre o quando non si sentono soffocati dalle troppe attenzioni o invasi dalla preoccupazione genitoriale; devono essere rispettate in primis le esigenze del bambino in modo da riuscire a ricavare un nuovo piacere per tollerare la rinuncia al seno e superare la diffidenza verso i cibi nuovi. Il legame tra fratelli è un rapporto indissolubile e unico, che con il passare del tempo tende a diventare sempre più forte e a non svanire mai. Tuttavia molto spesso non è sempre così, soprattutto quando i bambini sono molto piccoli e tra i fratelli c'è una certa differenza di età. In genere infatti si creano delle gelosie tra fratelli, delle competizioni tra i bambini che fanno soffrire i genitori i quali cercano di intervenire per mettere la pace.
Per fortuna però sono però alcuni semplici consigli che la mamma e il papà possono mettere in pratica per rendere più saldo il legame fraterno. Aumentare il legame fraterno: cosa NON bisogna fareLe gelosie e le discordie tra fratelli sono molto comuni nelle famiglie e in alcuni casi esse sono ritenute addirittura positive. Quando due bambini litigano non bisogna preoccuparsi in quanto è del tutto normale che un figlio quando è piccolo voglia per sé l'affetto dei propri genitori. Mamma e papà devono essere bravi a gestire la situazione in modo tale da riuscire a rafforzare il legame tra i fratelli. Quando sorprendiamo i bambini in un litigio è consigliabile lasciare che risolvano da soli i propri problemi senza intromettersi nelle discussioni. Se infatti la mamma o il papà prendono le parti di uno dei due ciò potrebbe aumentare la gelosia dell'altro e aggravare la situazione. Anche le urla non sono bene accette: se uno dei due picchia l'altro bisogna fermarlo prontamente e cercare di placare la sua rabbia con toni calmi e pacati. Parlare in modo tranquillo e cercare di comprendere il motivo è la soluzione migliore in questi casi. Se l'atteggiamento si ripete spesso però bisogna interrogare il bimbo in quanto potrebbero esserci delle ragioni più profonde. Aumentare il legame fraterno: cosa devono fare mamma e papàSpesso capita che i figli più grandi tendano ad emulare alcuni atteggiamenti del fratello più piccolo o viceversa (ad esempio quando il bambino più grande gioca con i giocattoli del fratelli o esprime il desiderio di dormire nel lettone con la mamma e il papà). In tale situazione il genitore deve lasciar fare al bambino e non ammonirlo. In questo modo infatti il legame tra i due fratelli tenderà a rafforzarsi maggiormente in quanto si svilupperà un maggiore senso di empatia. Quando i bambini si coalizzano contro i genitori (magari dopo aver combinato qualche marachella) questi ultimi non devono osteggiare tali atteggiamenti cercando di dividerli. Al contrario la mamma e il papà dovrebbero cercare di assecondare tali comportamenti che rafforzano la complicità dei bambini a lungo andare. Prima di iniziare
Controllare di avere a portata di mano tutto il necessario: pannolini, salviettine, olio per il cambio e crema per gli arrossamenti. Se dovete cambiare il pannolino a un maschietto, sarà opportuno tenere sempre a portata di mano un piccolo asciugamano per salvare il fasciatoio da eventuali perdite accidentali di pipì.
Ma quanto è bello il sonno, dormire una notte intera e quanto è difficile farlo quando i bambini sono piccoli! Lo sa bene Simona Vigoni, pedagogista e autrice di un corso online sul sonno, responsabile dei nidi di infanzia dell’associazione Sarepta a Milano. “Vedo ogni giorno educatori e genitori alle prese con questo momento delicato, sulla cui importanza sarebbe bene che tutti prendessero un momento per interrogarsi. Bisogna ridare valore al sonno, così importante per il nostro organismo, specie per i piccoli: durante il sonno si ricaricano le pile, si recupera l’energia fisica, si rinforza il sistema immunitario, che ci difende dalle malattie. Inoltre, durante il sonno i bambini producono l’ormone necessario alla crescita. In particolare, la fase REM, ovvero la fase di sonno leggero, è essenziale ai fini dello sviluppo cerebrale”.
l’attività del disegno prepara il bambino alla lettura e alla scrittura perché sin dai primi scarabocchi il piccolo impara a gestire il tratto grafico, a direzionale la penna e a coordinare la spinta della mano con l’intenzione della mente.
ll cibo destinato a bambini e neonati deve essere completamente privo di tracce di bisfenolo A (Bpa) e i limiti di “migrazione” di questa sostanza consentiti negli alimenti destinati al consumo da parte di adulti deve essere ridotto da 0,6 mg a 0,5 mg per chilogrammo di cibo. Sono questi i dati contenuti nella bozza di regolamento di esecuzione proposto dalla Commissione europea, approvata dal Parlamento europeo, in relazione alla presenza negli alimenti del bisfenolo A, sostanza chimica presente in molte plastiche e conosciuta perché, a contatto con gli alimenti, può “migrare” in questi ultimi, dando vita a effetti nocivi per la salute. Le nuove misure dovrebbero entrare in vigore a settembre.
Neonati e bambini fino a tre anniIl provvedimento dell’Ue riduce a zero il limite di migrazione della sostanza, vietandone di fatto l’impiego per la fabbricazione di tutti i contenitori di latte per neonati, alimenti a base di cereali, alimenti per l’infanzia o alimenti per scopi medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei bambini da 0 a 3 anni. Quanto agli alimenti per adulti le nuove regole riguardano, ad esempio, provvedimenti come minore tolleranza della presenza del bisfenolo A nelle vernici e nei rivestimenti usati all’interno delle lattine. Il bisfenolo AIl bisfenolo A è una sostanza chimica utilizzata dagli anni ’60 per la produzione di diversi tipi di plastiche e resine. A contatto con gli alimenti può “migrare” nel cibo e da circa dieci anni sono emersi molti dubbi sulla sua sicurezza: per questo dal 2011 nell’Ue è vietato nei biberon e dal giugno 2017 è stato inserito nella lista delle sostanze di “particolare preoccupazione” dall’agenzia Ue per la chimica (Echa) per le sue proprietà nocive per il sistema ormonale. Il botulismo infantile è un’intossicazione alimentare fortunatamente rara ma comunque da non sottovalutare soprattutto in caso di bambini molto piccoli. Ecco tutti i rischi di assumere miele nel primo anno di vita.
Miele. Un alimento dolce, utile in caso di tosse e raffreddore che spesso piace ai bambini e a loro viene proposto sciolto nel latte o così com’è a cucchiaini. Tutti dovrebbero sapere però che nel primo anno di vita questo alimento è altamente sconsigliato a causa del possibile rischio botulino. E’ proprio di pochi giorni fa un caso di botulismo infantile che ha colpito un bimbo di soli 5 mesi che ha contratto il pericoloso batterio consumando proprio del miele. Ma quali sono i rischi di assumere miele nel primo anno di vita e cos’è esattamente il botulino? Cos’è il botulino e il botulismo infantileIl Clostridium botulinum, noto comunemente come Botulino, è un batterio che può contaminare alcuni cibi producendo una tossina molto pericolosa che, se ingerita e non individuata e trattata in tempo, può risultare addirittura mortale. Il botulismo infantile, a differenza del classico botulino, non è causato dall’ingestione della tossina che si è preformata in un alimento ma si tratta di un’intossicazione che si produce entrando in contatto direttamente con il batterio sotto l’anno di età (il rischio maggiore è nei primi sei mesi di vita). Ciò è dovuto al fatto che, mentre gli adulti quando incontrano poche spore del batterio sono in grado di eliminarlo tranquillamente non producendo la tossina, questo non avviene nei bambini. I più piccoli infatti hanno un apparato digerente non ancora maturo che, anche se in contatto con poche spore di batterio, non è in grado di eliminarle ma anzi queste trovano terreno fertile per poter germinare al meglio. Questa situazione porta alla formazione delle pericolose neurotossiche e ciò è dovuto alla proporzione tra spore e peso corporeo. I gravi sintomi che porta il botulismo infantile sono:
Perché non dare miele ai bambini al di sotto dell’annoUno degli alimenti più incriminati per il possibile problema del botulismo infantile è il miele, in particolare quello artigianale non pastorizzato. Apparentemente innocuo e anzi benefico, può infatti trasformarsi in un cibo pericoloso per i bambini al di sotto dei 12 mesi proprio perché potrebbe contenere, sia pure in minime quantità, spore di Clostridium botulinum. Queste, una volta arrivate nell’intestino dei neonati, possono produrre le suddette neurotossine che bloccano la trasmissione nervosa nei muscoli creando pericolose conseguenze. Anche se si tratta di un’eventualità rara, è bene quindi per prudenza non somministrare miele (soprattutto se non pastorizzato) a bambini al di sotto di un anno. C’è da dire comunque che, riconosciuto per tempo e trattato tempestivamente, anche il botulismo infantile può essere guarito con successo. Rivolgetevi tempestivamente al pediatra di fiducia in caso notiate che il vostro bambino soffre di stitichezza in presenza di debolezza muscolare, ha un pianto debole, ha difficoltà a succhiare il latte o non riesce a deglutire. Sul botulino potrebbe interessarvi anche:
Come i bambini imparano a parlare Lo sviluppo del linguaggio nel bambino segue alcune tappe precise, la cui evoluzione può però subire delle modifiche da bimbo a bimbo. È possibile dividere tale sviluppo in tre tappe differenti. La prima è quella che occupa l’arco temporale che va dalla nascita al 7°- 8° mese. In questa fase il bambino comunica prima attraverso i pianti e le urla. Durante le prime settimane non è possibile individuare il motivo del pianto, gradatamente inizia ad assumere un funzione più specifica dei diversi bisogni del bambino, come la nutrizione. Dal 2° mese è possibile distinguere dal pianto delle emissioni modulate, si parla di “vocalizzo”, divisibile in due fasi: cooing sound, i suoni emessi sono simili al tubare di un piccione e sono piuttosto variegati. È infatti possibile assistere a chiocchiolii, schiocchi, gracidio; babbling: si tratta del secondo stadio del vocalizzo ed è caratterizzato da suoni più espressivi e di maggiore qualità e intensità. La vocalizzazione è influenzata dall’ambiente circostante, il piccolo tende cioè a imitare ciò che sente. La terza fase di questa prima tappa è la lallazione: le lallazioni non costituiscono ancora dei veri e propri morfemi ma il bambino appare capace di ascoltare la sua voce e controllare i suoi sforzi. Si tratta di un passaggio che viene notevolmente influenzato dagli adulti. Intorno al 6° mese compaiono, inoltre, i balbettamenti intenzionali rivolti alle persone che interagiscono con il bambino. La seconda tappa va dall’8°- 9° mese al 18°- 24° mese e si articola in quattro fasi: l’imitazione dei suoni; morfemi intenzionali, suoni che si differenziano dai balbettamenti precedenti perché dotati di significato. Il bambino inizia ad associare un suono a una cosa specifica. All’inizio uno stesso morfema può avere diversi utilizzi, con il passare del tempo il piccolo imparerà a essere più preciso; ecolalia: ripetizione dei morfemi. Intorno ai 12 mesi ha luogo la quarta fase di questa seconda tappa: l’olofrase. Il bambino si appropria di qualche parola e ne riconosce il significato, impara cioè ad attribuire una parola a una persona, a un oggetto, a un’azione. Spesso un solo termine ha il valore semantico di una frase: “mamma” può così voler dire “voglio la mamma”, “mamma dai”. Il vocabolario è inizialmente piuttosto limitato, ma cresce col passare del tempo. Nella terza tappa, collocabile tra i 18 mesi e il 6° anno, il bambino inizia a formulare le prime frasi: all’inizio “telegrafiche”, poi più lunghe e articolate.
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